Robot che sentono ciò che toccano
Molti anni fa, il famoso antropologo Ashley Montagu scrisse che "la comunicazione che trasmettiamo attraverso il tatto è il mezzo più potente per stabilire relazioni umane". Eppure eccoli qui, all'inizio di maggio 2023: un gruppo di ricercatori dell'Università di Bologna cerca di fornire il senso del tatto a una macchina. A tal fine, stanno utilizzando due tecnologie per dotare una mano robotica di due diversi tipi di sensibilità. Il primo, un po' più grossolano, coprirà la maggior parte della superficie del palmo, mentre il secondo fornirà informazioni molto più ricche e complete sulla fermezza, ruvidità o levigatezza degli oggetti. Quest'ultimo viene trasmesso dai polpastrelli e l'apparecchio verrà posizionato proprio in questa zona.
Oggi, nel Laboratorio di Robotica della Facoltà di Ingegneria, la ricercatrice pre-dottorato Alessandra Bernardini non solo lavora con immensa pazienza per spiegare ai visitatori come funziona il tutto: sono attaccati piccoli sensori emisferici, fatti di un materiale malleabile simile alla gomma, che alimentano il computer informazioni sulle proprietà dell'oggetto che tiene in mano, ma è anche disposta a rinunciare a due delle fragole che ha portato con sé a pranzo per accompagnare la dimostrazione. Mentre la mano robotica spreme il frutto rosso, i fototrasmettitori nei sensori trasformano i disturbi nella gomma in dati che vengono visualizzati sullo schermo come grafici a linee che si muovono insieme e separatamente.
Al suo fianco, Roberto Meattini, altro componente della squadra, prosegue la manifestazione. Dopo che una struttura rettangolare è fissata saldamente al suo polso destro – a un'estremità c'è un foro per inserire la mano e all'estremità opposta è collegato il prototipo robotico – inizia a ritrarre ed estendere lentamente le dita. Con l'aiuto di Bernardini ai comandi del computer, sta insegnando alla protesi a leggere i movimenti dei muscoli dell'avambraccio che dirigono i movimenti della sua mano, in modo che possa poi ripeterli. Un braccialetto posizionato poco sotto il gomito raccoglie e trasmette queste informazioni al robot tramite sensori wireless.
I due ingegneri, accompagnati da una mezza dozzina di altri colleghi e sotto la guida del professor Gianluca Palli, stanno solo muovendo i primi passi del progetto IntelliMan. Questo progetto, formato da un consorzio di 13 università, aziende e centri di ricerca di sei paesi europei, ha l'obiettivo di sviluppare un nuovo sistema di manipolazione basato sull'intelligenza artificiale che consenta ai robot (siano essi protesi come la mano mostrata sopra o macchine indipendenti) imparare sia dall’ambiente circostante che dalla loro interazione con le persone. La Commissione Europea ha scelto il progetto tra le 42 principali iniziative di intelligenza artificiale e robotica lanciate nell’ambito del programma Horizon Europe, il piano di ricerca e innovazione più importante del continente. Sono stati selezionati per il loro potenziale di "migliorare la società in cui viviamo affrontando le sfide tecnologiche rilevanti", secondo il documento che raccoglie le iniziative. Tra quelle scelte ci sono proposte che vanno da un grande centro che tenterà di garantire la sicurezza nella ricerca sull’intelligenza artificiale a idee per la bonifica dell’acqua, il riciclaggio o lo sviluppo di droni per supportare i lavoratori sul campo e gli addetti alla manutenzione delle infrastrutture in luoghi pericolosi.
Per quanto riguarda IntelliMan, il professor Palli spiega nel suo ufficio nella storica città italiana quali vantaggi cercheranno di ottenere dai 4,5 milioni di euro (4,8 milioni di dollari) che riceveranno dalla Commissione tra settembre 2022 e febbraio 2026. Innanzitutto, il loro obiettivo è creare arti protesici che consentano ai loro proprietari di svolgere facilmente attività quotidiane, come tenere un bicchiere o aprire una porta o un cassetto. Il prossimo passo sarà trasferire queste funzionalità su una macchina autosufficiente che potrebbe presto diventare un assistente domestico robotizzato che accende da sola la lavastoviglie o sparecchia la tavola dopo un pasto. L'idea è che possano interagire con le persone, ma nessuno dovrebbe aspettarsi di poter ancora chattare con loro. L’obiettivo è insegnare loro nuovi compiti – mostrando loro come fare qualcosa una volta, in modo che possano ripeterlo in seguito – ma anche renderli capaci di adattare il lavoro acquisito a un contesto in evoluzione. Ad esempio, un ostacolo sul percorso che prima non c'era, come un oggetto più scivoloso del precedente.